I miei libri (1)



 IL CREPUSCOLO DELL'INNOCENZA

Questa è la storia di quattro adolescenti e della loro fatidica estate del 1988 a Bodega Bay. E' la storia delle loro amicizie, delle loro avventure, di un vecchio libraio e di un primo amore. Tuttavia, è anche la storia del giorno che cambiò le loro vite e di colui che cercò di spezzare le loro esistenze.

Qual è la prima cosa che ti viene in mente pensando a questo tuo libro?
Non c'è alcun dubbio, questo è il libro al quale sono più affezionato. Non solo perchè è l'unico vero romanzo di fiction che ho scritto ma anche perchè è il libro da cui tutto è cominciato. Lasciami dire che non mi sono mai accorto di avere la passione per la scrittura fino a quando non mi ci sono messo su seriamente. Per altro al liceo i temi erano il mio tallone di Achille...

E com'è cominciato il tutto?
Immagino per una serie di coincidenze. La fine di una storia d'amore, amici che prendevano strade divergenti, gli studi appena finiti e poi, particolare non trascurabile, la ricerca del lavoro che mi ha portato un bel po' di tempo libero così, all'improvviso.

Perchè Crepuscolo dell'innocenza?
Perchè è una storia malinconica di un gruppo giovanissimi teenager, amici per la pelle, che dopo un'estate molto intensa non saranno più gli stessi. E cresceranno troppo in fretta, per la loro età.

C'è qualcosa di personale?
Assolutamente si. Tutto quanto narrato nel libro ad eccezione delle ultime cento pagine circa l'ho praticamente vissuto. Gli stessi protagonisti sono ricalcati sui miei amici di quel tempo. Con questo espediente, e usando "me stesso" come narratore, mi è venuto facile buttar giù il tutto.

Parliamo del setting. Come si spiega la scelta di ambientare il tutto a Bodega Bay?
Beh, da buon divoratore di thriller americani, all'epoca un setting statunitense mi sembrava la scelta più naturale. Non è stato facile, perchè a Bodega Bay non ci sono mai stato, ma è stato anche molto divertente perchè la stesura del romanzo è stata preceduta da un approfondito lavoro di ricerca sul luogo.

Ovvero?
Prima di tutto mi serviva un posto che ricordasse il paese dove ho passato circa venticinque estati, consecutive, ovvero San Felice Circeo. Un posto di villeggiatura sul mare che avesse anche colline boscose nei paraggi. Così individuai tre località: Bodega nella California del nord, un paesino del New Jersey e uno del Maine. Per dare realismo alla storia, di questi posti ho studiato la vegetazione, la fauna marina, le stazioni radio, i giornali, i paesini limitrofi e alla fine  ho optato per Bodega, ridente cittadina a circa cento chilometri a nord di San Francisco. Senza neanche sapere che ci aveva già pensato qualcuno prima di me.

E chi?
Hitchcock. E' il paese in cui è stato girato il film Gli Uccelli.

Prima parlavi di thriller americani. Qualche libro ti ha ispirato?
Non mi nascondo dietro un dito. Cuori in Atlantide e soprattutto Stand by me, entrambi di Stephen King, sono stati una grossa fonte di ispirazione. E non a caso molte, moltissime delle pagine scritte nel Crepuscolo dell'innocenza sono state scritte con la canzone di Ben King in sottofondo. Permettimi di dire che avere la musica in sottofondo è stato fondamentale: avevo tre o quattro pezzi che alternavo a seconda dei momenti della trama che stavo descrivendo.

Un'ultima domanda. La copertina cosa ritrae?
Ritrae un paesaggio costiero un centinaio di chilometri a sud di Bodega Bay. La foto è stata scattata da me, come anche altre foto che compaiono sulle copertine dei miei libri. Peccato soltanto che all'epoca il romanzo  fosse già finito, altrimenti avrei potuto aggiungere qualcosa di più personale anche sul paesaggio.

Cosa direbbe per convincere una persona a leggerlo?
Direi che è un libro "vero", scritto con tanto impegno, con il cuore e sull'onda di sensazioni veramente intense. Chi l'ha letto - e qualcuno in un passaggio particolare s'è anche commosso - ha notato soprattutto questo, con mia grande soddisfazione. E poi, come dice Stephen King: "Non c'è cosa migliore che avere tra le mani una buona storia e qualcuno a cui raccontarla."

Di seguito, un passaggio...
<<Ovunque c’erano libri. Ma non quelli che avresti potuto trovare in una qualsiasi libreria, non le edizioni tascabili usate di romanzi recenti, quelli con le copertine colorate e accattivanti. Lì dentro il colore predominante era il marrone, accompagnato da ogni sua sfumatura. Volumi di tutte le forme e dimensioni erano riposti negli scaffali o accatastati su due robusti tavoli di legno massello. Notai tomi delle dimensioni dello schermo di un televisore, manuali spessi due palmi, saggi delle dimensioni di piccoli taccuini, persino agende chiuse con lacci di pelle. In quel momento ero convinto che se fossi uscito di corsa mi sarei ritrovato nel diciannovesimo secolo, tra dame eleganti con i loro ombrellini o uomini con cappelli a cilindro e mantelle nere. Dietro una nicchia, illuminata da una lampada ad olio che con una guizzante fiammella diffondeva ombre scattanti sulle pareti, c’era un uomo chino su uno scrittoio. Stava scrivendo, tra un colpo di tosse e l’altro.
Dopo un po’ indietreggiò con la sedia e si voltò per vedere chi fosse entrato.>>




AL DI LA' DELLA STRADA

Duemila ottocento ottantasette miglia. Quattromila seicento quarantasei chilometri. Un interminabile viaggio in auto attraverso quattro dei più importanti stati americani. Dalle variegate coste della California al roccioso e nostalgico Arizona passando per l'assolato e desertico Nevada e la sconvolgente bellezza dei paesaggi dello Utah. Luoghi, persone, sensazioni ed emozioni di un'esperienza indimenticabile vissuta sulla strada, ed oltre.

Che tipo di romanzo è Al di là della strada?
E' un romanzo che inserirei nell'insieme dei libri di narrativa da viaggio.

Come ti è venuta l'idea di fare narrativa da viaggio?
Ho iniziato diversi anni fa pubblicando su un sito commerciale alcuni articoli riguardanti personali esperienze  turistiche a cui cercavo di dare un taglio formale, meno banale. La gente sembrava apprezzare questo sforzo e così mi sono chiesto se non fosse il caso di fare qualcosa di ancor più professionale. Il viaggio in questione poi è stato una manna dal cielo, una vera miniera di informazioni da trasmettere.

Puoi entrare un po' più nel dettaglio del percorso?
Certamente. Ho voluto mettere tutto, ma proprio tutto, quello che mi sono trovato davanti, persino l'impatto con l'immenso aeroporto di Atlanta, presso il quale abbiamo fatto solamente uno scalo. In effetti però il percorso inizia da Los Angeles, sale verso San Francisco attraverso la Pacific Coast Highway poi piega a est verso lo Yosemite National Park prima di scendere verso sud, attraversare la Death Valley.e arrivare a Las Vegas. Dopo vengono il Bryce Canyon, lo Zion National Park, la Monument Valley, il Grand Canyon e infine un buon pezzo di Route 66, da Williams fino a Los Angeles, dove il cerchio si chiude.

Accidenti, un bel cerchio. 
Eh si, come è scritto nella la sinopsi in quarta di copertina i chilometri percorsi sono stati 4646 km.  Le cose da dire, i luoghi da descrivere non finivano mai. E' il mio libro più lungo.

Non rischia di essere etichettato come una guida turistica che non è nè carne nè pesce?
Non credo, anche perchè mentre scrivevo mi ripetevo sempre di non cadere in banali descrizioni da guida turistica. Mi spiego meglio, ogni luogo descritto è stato descritto con una dovizia di particolari  diversi da quelli presi in esame dalla guida turistica. La guida dà un'infarinatura di un luogo, lo descrive e poi si concentra sulle strutture alberghiere, ristoratrici, intrattenitrici. Io sviscero il singolo luogo e poi ne condisco la descrizione con aneddoti storici, personaggi incontrati lungo la strada e soprattutto impressioni personali.
Ecco perchè Al di là della strada. Perchè il titolo, se vogliamo, vuol'essere anche una metafora, ad indicare che è un libro che non intende fermarsi alle descrizioni.

E la copertina? Anche qui è una tua foto?
Certamente. E' stata scattata poggiando la macchinetta fotografica sull'asfalto della Interstate che lambisce la Monument Valley. Non passava nessuno. Non c'era nessuno.

Quali immagini che siano i lettori ideali di Al di là della strada?
Tutti coloro che sono appassionati di viaggi. E magari anche quelli che per un motivo o per un altro possono purtroppo viaggiare soltanto con la fantasia. Mentre scrivevo i primi capitoli mi rendevo conto di essere stato molto fortunato ad aver avuto la possibilità di realizzare questo viaggio on the road e pensavo a tutti coloro che non avranno mai occasione per farlo. Ecco, la mia speranza è che questo libro possa far capire al lettore ignaro come sia affacciarsi dalle terrazze del Grand Canyon oppure, tanto per fare un altro esempio, percorrere i sentieri sterrati della Monument Valley.
Questa sarebbe la più grande vittoria di Al di là della strada.

Di seguito, un passaggio...
<<Eccola qua. Sin City, come la chiamano molti. La città del peccato. Definizione calzante, perché Las Vegas è un’affascinante puttana, la classica intrattenitrice da una botta e via, la compagna di una folle e dissoluta serata. E’ un luccicante miraggio, una manciata di finti gioielli su un letto di polvere.
Las Vegas è tutto. E Las Vegas è niente.>





 TRE GIORNI A CHICAGO
REPORTAGE DAL PIANETA NBA



Una passione. Un'idea folle divenuta realtà. Una sorprendente "toccata e fuga" nella Città del Vento. La perfetta fusione tra viaggio ed evento sportivo.

Fammi capire. Toccata e fuga negli States solo per vedere una partita di basket?
Ebbene si. Sono appassionato di NBA sin dai tempi del liceo e in particolare di una squadra che si chiama Cleveland Cavaliers che quell'anno schieravano il miglior giocatore del momento.

Come mai scegliesti proprio i Cleveland Cavaliers?
E' una domanda che mi fanno in molti, perchè in Italia tutti conoscono solo i Lakers, i Celtics o i Bulls. Da teenager prendevo in simpatia le squadre che avevano un nome particolare indipendentemente dalla loro forza. All'epoca erano odiosamente in auge i Bulls di Jordan e la simpatica squadra dell'Ohio era la loro rivale numero uno nella Eastern Conference. Mi è venuto naturale cominciare a seguirli, tanto più che i loro colori sociali sono il giallo e il rosso. Certo non si può dire che siano una franchigia vincente.

Perchè?
Perchè non hanno mai vinto un titolo e perchè nei periodi in cui erano all'altezza di farlo hanno sempre trovato qualcuno più organizzato di loro. Proprio come i Bulls di Jordan alla fine degli anni '80. Che frustrazione, vincevano sempre. 

Quindi il match è stato Chicago-Cleveland, a Chicago. E perchè non a Cleveland?
Perchè a Cleveland non c'è granchè. E' una piccola cittadina industriale della regione dei grandi laghi. Chicago è invece una bellissima città moderna. Ho unito l'utile al dilettevole.

E l'idea del libro com'è nata?
Sin dal momento in cui ho comprato il biglietto della partita, i biglietti aerei e la prenotazione alberghiera ho cominciato ad avvertire una certa eccitazione, una frenesia che esorcizzavo soltanto mettendola nero su bianco. Sul posto è stato straordinario, un'esperienza talmente diversa dai nostri eventi sportivi che ho sentito il bisogno di scrivere per tutto il viaggio di ritorno, con una matita su un taccuino. Una volta tornato a Roma ho messo insieme i pezzi ed è uscito Tre giorni a Chicago.

Quindi il libro com'è strutturato?
Rispetto all'evento, alla partita vera e propria c'è un prima, un durante, e un dopo.

Non è un po' un azzardo? Non rischi di catalizzare l'attenzione solo degli appassionati di NBA?
Indubbiamente si, c'è questo rischio. Ma non è una mera cronaca della partita. Oltre alla descrizione minuziosa della gestione americana dell'evento sportivo che di per sè e già molto interessante c'è sempre l'immancabile coinvolgimento emotivo e per di più una descrizione della città di Chicago in stile Istantanee. Alcuni estratti di Tre giorni a Chicago potevano tranquillamente fare parte di quella raccolta.

Ma la copertina che ritrae?
L'interno del glorioso United Center di Chicago, teatro di mille battaglie. La foto è scattata durante un time out. 

A proposito. Ma poi la partita com'è finita?
E' finita ai supplementari. E poi per fortuna ho avuto la mia piccola rivincita.

Di seguito, un passaggio...
<<Cerco con lo sguardo il botteghino. Che è libero. Ed aperto. Consegno la carta di credito, nemmeno trenta secondi ed il gioco è fatto. Non ci credo quasi.
Nelle mie mani un tagliando grigiastro.
C'è scritto sopra "United Center, Chicago Bulls vs Cleveland Cavaliers, sat 31 March". Poche parole, che potrebbero essere il titolo di un film. Mi giro e alle mie spalle troneggia imperiosa la statua di Michael Jordan nell'atto di concludere una schiacciata. Sotto, le sue impronte delle mani, dei piedi, e una firma impressa sul cemento. Sul piedistallo le incisioni delle sue gesta compresi i sessantanove punti rifilati ai Cavaliers nel lontano 1990 quando ero al liceo e i Cavs erano in balia dello strapotere dei Bulls.>>